Menabrea e Jins: impegno, cuore e passione
MENABREA E JINS: IMPEGNO, CUORE E PASSIONE. | ARTFOREXCELLENCE
Franco Thedy parla della ‘firma’ di Menabrea e dice che si tratta di impegno, cuore e passione.
Jins nella sua opera ha inserito alcuni ricordi di infanzia.
Si crea quindi un abbinamento dai contorni davvero coinvolgenti che potete vedere fino al 17 dicembre ad Art For Excellence.
Art For Excellence: Quale è stato l’episodio che, a suo avviso, ha fatto nascere la sua impresa?
Franco Thedy: Se nel lontano 1846 il sig. Welf di Gressoney ed i fratelli Antonio e Gian Battista Caraccio non avessero dato vita ad un laboratorio per la produzione della birra, oggi non saremmo qui. Tutto è infatti iniziato quell’anno. Un vero successo, determinato dall’applicazione della tecnica a bassa fermentazione, all’epoca poco diffusa, e all’utilizzo di materie prime qualitativamente eccellenti, prima su tutte, l’acqua delle fonti biellesi. Sono passati ben 171 anni da allora e oggi Menabrea è una realtà italiana consolidata e presente in 36 paesi nel mondo. Nel 1991 siamo entrati a far parte Gruppo Birra Forst, e nel 2005, con la scomparsa di mio padre Paolo Thedy, quarto discendente della dinastia, ho assunto il ruolo di Amministratore Delegato, mettendo a frutto l’esperienza da sempre respirata in azienda con scelte imprenditoriali finalizzate all’ammodernamento degli impianti e allo sviluppo del brand in Italia e a livello internazionale, continuando a mantenere uno stretto legame con il nostro territorio.
AFE: Qual è la vostra missione? Che cosa vi proponete?
FT: Desideriamo che Birra Menabrea continui ad essere sinonimo di qualità e mantenga saldo il ruolo di portabandiera dell’eccellenza italiana nel mondo. Il nostro impegno quotidiano va in questa direzione. Cerchiamo di coniugare la nostra esperienza di birrificio più antico sul territorio italiano con innovativi processi produttivi, in modo da assicurare un prodotto di altissima qualità.
AFE: Qual è il vostro tratto distintivo, la vostra firma nell’attività che fate?
FT: Scegliamo solo attività che siano in linea con i nostri valori. Nel corso degli anni abbiamo selezionato esclusivamente operazioni di marketing con realtà in sintonia con la nostra filosofia aziendale. Impegno, cuore e passione sono gli ingredienti che si ritrovano nella nostra birra.
AFE: Che cosa vi ha coinvolto del progetto Art For Excellence?
FT: Art for Excellence è un modo nuovo, intelligente e coinvolgente di comunicare. Da sempre siamo vicini al mondo dell’arte contemporanea. Il nostro premio Menabrea Art Prize, finalizzato alla promozione di giovani artisti non ancora rappresentati da gallerie, è quest’anno giunto alla sua settima edizione. Crediamo che l’arte declinata nelle sue varie espressioni sia strategica per un brand come il nostro. Art For Excellence punta poi a sostenere e rendere omaggio alla realtà di eccellenza, un messaggio importante per un tessuto imprenditoriale ricco di storia e competenze come quello italiano.
AFE: Sei un’artista che ha trovato modo di esprimersi attraverso linguaggi diversi, senza tabu. Quanto è importante per te la libertà nell’esprimerti come artista?
Jins: Sono convinto che la libertà assoluta non esista: il foglio bianco, la tabula rasa, il tema sempre libero, non sono per me sinonimo di libertà. Penso che se si vuole la libertà “assoluta” forse il pianeta Terra è troppo piccolo per potersela permettere. La creatività, per esprimersi, ha bisogno di argini, di paletti, di ostacoli che la stimolino, tirino fuori l’inventiva dell’artista.
E poi credo che sia necessario distinguere tra diversi tipi di libertà. Per esempio quella di trattare un argomento come voglio, secondo la mia sensibilità, o quella che deriva dalla padronanza della mia tecnica: grazie ad essa posso permettermi di realizzare e disegnare col mio stile, qualunque cosa io desideri, in modo da essere totalmente libero di esprimermi con il mio linguaggio.
AFE: Dal tuo lavoro si intuisce che ciò che conta maggiormente per te è quello che comunichi piuttosto che il modo in cui lo fai. È un po’ questa l’essenza del tuo lavoro?
J: Questa è l’essenza dell’arte contemporanea, non solo del mio lavoro. Non è come scegliamo di dire qualcosa, ma la motivazione che ci spinge a dirla che è importante.
Certo non si può ignorare il luogo a cui un’opera è destinata. Se sarà il web, la comunicazione seguirà certe modalità, se lo spazio che ospita il lavoro è una mostra in un luogo fisico servirà un altro tipo di approccio, se fosse un luogo pubblico con tante persone che guardano, ancora differente. Però è il contenuto ciò che conta.
AFE: Il tuo tratto semplice e minimale ti rende oggi particolarmente riconoscibile. Come ci sei arrivato?
J: Quando ho iniziato la mia carriera di artista dipingevo temi che ricorrevano nelle mie opere: pesci, deserti, piramidi, margherite, mondi fantastici.
Quel periodo l’ho definito come “Welcome to the Real-Fantastic World of JINS©.
Quei quadri hanno avuto un ottimo successo di pubblico, tanto che non me ne rimane quasi più nessuno, però raramente raccontavano qualcosa della mia vita. Diciamo che erano delle belle illustrazioni che andavano ad arredare case, club, luoghi pubblici e privati, e che allo stesso tempo mi avevano reso riconoscibile al pubblico dell’arte.
Qualcuno mi considerava un fumettista per il mio modo di disegnare, ma se avessi voluto far fumetti mi sarei messo a lavorare per le riviste del settore.
Il mio tratto minimale derivante dalle forme della grafica e dei comics era sintomatico della mia scelta di voler parlare un linguaggio semplice e accessibile a tutti.
In quel periodo ho altresì maturato una riflessione: non volevo essere conosciuto come “il pittore dei pesci” e pensavo in cuor mio che essere un artista volesse significare qualcosa di più di quel che stavo facendo.
Dal momento che avevo elaborato un mio stile riconoscibile, potevo permettermi di applicare quello stile a tutto il rappresentabile. Ci ho lavorato non poco. Quando ho acquisito un linguaggio assolutamente mio, ho potuto decidere di raccontare qualunque cosa mi appassionasse. Da quel punto ho iniziato veramente a considerarmi un artista.
Bisognerebbe forse definire che cosa è ARTE. Ognuno ha la sua, è vero, ma se vuoi ti dico la mia: l’Arte è il racconto di un’esperienza personale particolare che messa di fronte a un pubblico crea empatia col pubblico stesso.
La gente guarda quell’esperienza della vita dell’artista, si identifica e pensa alla propria, di vita. A quel punto, quel racconto personale assume un carattere più sociale e universale.
AFE: Nonostante da un’artista ci si aspetti un’individualità molto spiccata, tu sembri dare grande importanza alla collaborazione. È così?
J: Sì, ma una cosa non esclude l’altra. Sono convinto che l’incontro con altre individualità, il mix di stili sia estremamente divertente. A molti artisti e operatori del mondo dell’arte contemporanea questo non piace, perché per alcuni l’arte diventa estremamente identitaria, per altri c’è bisogno di un “prodotto” sempre molto riconoscibile e vendibile. Io forse sono stato così da molto giovane, ma poi ho capito che dal confronto si esce solo arricchiti e migliori di prima.
È vero, io ho una spiccata personalità artistica e, rispetto ad altri, sono piuttosto appariscente anche per via della immagine mia personale (la mia capigliatura afro per esempio), ma di collaborazioni ne ho fatte molte e tutte mi hanno lasciato qualcosa. Sono state esperienze artistiche per me preziose, a prescindere dal risultato finale.
AFE: Tu sei anche un creativo pubblicitario, per cui sei abituato a lavorare con aziende. Come cambia il tuo approccio in questo progetto per Art for Excellence?
J: Sì, una piccola parte del mio tempo la dedico a lavori pubblicitari per aziende, con finalità commerciale.
Sono considerato uno bravo, quindi mi pagano bene. Avere una fonte di reddito ulteriore mi lascia maggiore libertà creativa: non dovendo per forza guadagnare con la mia arte sono libero di esprimermi come meglio credo, senza costrizioni e condizionamenti esterni.
In poche parole: se quando dipingo il mio quadro, lo faccio per dire qualcosa e non per dare da mangiare la pagnotta ai miei figli, il mio quadro sarà migliore in senso artistico.
L’esperienza con Art for Excellence pur coinvolgendo le aziende, rientra in un ambito diverso: la mia opera è comunque destinata a una mostra, non ha una finalità commerciale. E il fatto di lavorare per un “committente” mi ha fornito quei paletti, quegli ostacoli, che sono per me di grande stimolo creativo.
AFE: C’è qualcosa che ci puoi anticipare riguardo all’opera che stai realizzando per Art for Excellence?
J: Per quest’opera mi sono ispirato a una delle mie passioni, la musica. Ho preso spunto dalla copertina di un disco meno noto dei Pink Floyd, Relics, che fu realizzata dal batterista della band, Nick Mason, che oltre a essere un musicista era anche un talentuoso architetto. A questa suggestione ho unito alcuni ricordi d’infanzia e, ovviamente, la birra. Il risultato è un’opera che, pur progettata e “schizzata” in una decina di bozzetti, è stata poi realizzata quasi di getto, nell’arco di qualche giorno. A volte l’arte non richiede grandi sovrastrutture, a volte le cose leggere, immediate sono più efficaci, ed è forse proprio in questo che mi esprimo al meglio.
Con l’arte noi proponiamo un pensiero attraverso la creazione di un’immagine visuale, che non vale di più o di meno a seconda del tempo impiegato o della fatica che ci è costata per realizzarlo.