Mazzetti D’Altavilla e Albertelli-Abbaldo: Artforexcellence
MAZZETTI D’ALTAVILLA E ALBERTELLI-ABBALDO: | ARTFOREXCELLENCE
Una rinnovata presenza ad Art for Excellence per Mazzetti d’Altavilla ma con un nuovo abbinamento, quello con il duo Albertelli-Abbaldo.
Idee d’arte nuove per una azienda dalla tradizione storica davvero importante, ecco cosa ci hanno raccontato.
Art For Excellence: Quale è stato l’episodio che, a suo avviso, ha fatto nascere la sua impresa?
Claudio Galletto: A “scatenare” l’avvio della prima distilleria per anno di fondazione in tutto il Nord-Ovest è stato, in base a quanto si è tramandato fra le sette generazioni succedutesi sino ad oggi, il non capacitarsi dello spreco che si faceva della vinaccia, una materia prima che poteva dar vita ad un distillato sublime come la Grappa. Un altro ingrediente ha certamente accompagnato questo inizio, e poi tutto il cammino: la passione, un sentimento forte tanto da trasmettersi per ben sette generazioni e sopravvivere a tanti cambiamenti sociali ed epocali.
AFE: Qual è la vostra missione? Che cosa vi proponete?
CG: La mission principale è fare onore quanto più al nostro distillato di bandiera: la Grappa è un prodotto nobile, versatile, che, se ben comunicato, può incontrare l’interesse di una fascia crescente di appassionati. Il nostro obiettivo specifico è continuare e intensificare la comunicazione della Grappa come patrimonio culturale del “made in Italy” e dei diversi terroir del bel Paese, nel nostro caso il Piemonte. Introdurre la cultura della Grappa con consapevolezza nelle più giovani generazioni è dunque un obiettivo fondamentale.
AFE: Qual è il vostro tratto distintivo, la vostra firma nell’attività che fate?
CG: Nella scelta della materia prima, la sua lavorazione, il packaging e la comunicazione puntiamo in particolare ad una cura estrema. Così creiamo grappe frutto di una distillazione km 0 con tecniche improntate sull’eccellenza, il tutto accompagnato da decisioni meticolose circa il packaging e la comunicazione del prodotto. Non a caso abbiamo anche studiato e proposto tanti abbinamenti fra distillati e gastronomia: una nuova frontiera del consumo responsabile che identifica quello che noi riteniamo un altro punto forte del nostro lavoro: l’originalità.
AFE: Che cosa vi ha coinvolto del progetto Art For Excellence?
CG: Da molto tempo accostiamo la Grappa all’arte. Realizzando esposizioni, ideando ogni anno un calendario artistico che unisce l’arte al ciclo della distillazione. Arte nella sostanza, attraverso una distillazione attenta, arte anche nel “vestito”, mediante scelte di soluzioni ispirate direttamente al mondo dell’arte. Ma l’arte è anche innovazione e per questo l’idea di accostare la nostra attività ad una creatività artistica sempre nuova non può che affascinarci.
AFE: Voi lavorate in coppia da vent’anni. Nelle vostre opere, è possibile riconoscere il contributo individuale o l’amalgama è tale da non poter più distinguere le diverse mani?
Albertelli-Abbaldo: In effetti è particolare il fatto di lavorare in due a uno stesso pezzo, è una caratteristica tipica degli architetti che ha condizionato in modo determinante il nostro lavoro. Nelle prime bozze si uniscono due pensieri o addirittura si pensa insieme, per poi avviare il processo di studio del lavoro che prevede sempre una serie di prove e correzioni a più riprese e che sfuma la stratificazione dei segni. Anche quando è preponderante l’intervento diretto di uno dei due – nella conduzione di qualche lavoro a volte succede – il risultato è comunque frutto di una contaminazione imprescindibile. C’è poi da parte nostra la consapevolezza dell’arricchimento che deriva dalla collaborazione con professionisti eccellenti, sia in seno al nostro Studio che al di fuori, per le fusioni e il taglio laser. La continua vicinanza al lavoro l’uno dell’altra, e in seconda battuta a quello dei nostri collaboratori, tende a creare un unico segno. Un’orchestra jazz che matura nel tempo il piacere reciproco di ascoltarsi. Per questo ci chiamiamo C&C.
AFE: Nei vostri lavori, scultura e architettura si compenetrano profondamente. In che modo avete elaborato questa simbiosi?
AA: Avere avuto esperienza del costruire ci ha condotto nel tempo ad avere confidenza con la composizione architettonica, l’uso dei materiali e la tecnologia che li utilizza; ad avere coscienza dei limiti fisici del costruire, sia dal punto di vista statico e funzionale che della sua relazione con l’ambiente in cui si inserisce, tanto da indurre, a volte, alla sua negazione.
Questo tipo di conoscenza porta a utilizzare gli stessi percorsi mentali, un metodo di progetto che riguarda l’oggetto della realizzazione a qualsiasi scala.
Un esempio significativo al riguardo è stata la nostra proposta di ridisegnare la scala di accesso al palazzo comunale della città di Zermatt, per poter inserire in modo armonico e funzionale la scultura Alphorn che ci era stata commissionata in occasione del 150^ della conquista del Cervino.
L’architettura è anche scultura a una diversa scala. L’idea di poter abitare una scultura è desiderio di meraviglia, di gioco, di un confortevole diaframma tra il dentro e il fuori, un suggestivo profilo a definire il confine tra terra e cielo.
AFE: Nelle vostre opere colpisce un uso insolito dei materiali. Quanto è importante per voi lo studio di questi?
AA: Vorremmo usarli tutti, per curiosità infinita, ma ci limitiamo a usare di volta in volta quelli conosciuti per poter garantire un’accettabile funzionalità.
AFE: Una vostra elaborazione molto interessante è legata al concetto di ossidazione, quindi di deterioramento. Volete dirci qualcosa in più?
AA: L’ossidazione comunemente conosciuta è la ruggine prodotta dal ferro che nel tempo lo deteriora. La ruggine che caratterizza molti dei nostri lavori è quella dell’acciaio corten: assomiglia a quella del ferro ma, invece di deteriorare, protegge il materiale grazie alla presenza di rame nella lega; lo stesso si può dire per l’ossidazione del bronzo. Quel tipo di finito sulle superfici delle sculture, così materico e naturale, rappresenta un mondo dentro al mondo; non la finitura piatta di colori riportati ma la materializzazione di un paesaggio variegato sulla forma della scultura.
AFE: L’azienda a cui siete stati abbinati costituisce un’eccellenza italiana conosciuta in tutto il mondo che fa della tradizione e del legame con il territorio dei punti di forza. Riferendovi alla vostra esperienza, si può essere internazionali senza dimenticare le proprie radici?
AA: Come per la famiglia Mazzetti, anche per noi, sono state le nostre radici a permetterci di avere una specificità interessante da raccontare. Entrambi abbiamo avuto una formazione artistica e abbiamo trascorso la nostra infanzia a stretto contatto con la natura. Il paesaggio ti entra negli occhi con la forza dei raggi del sole e definisce profili con le sue ombre, lo sforzo fisico per percorrerlo diventa col tempo non più solo fatica ma necessità per comprendere, per fare pulizia tra i pensieri e trovare un’essenzialità forse interessante anche per altri.
Ci piace pensare all’arte come a uno speciale strumento di comunicazione, per questo e per il fatto di avere un vissuto da agricoltori (i genitori di Mariagrazia producevano vino in Monferrato) foriero di grandi emozioni e passioni, conduciamo da alcuni anni un progetto di scultura, Paesaggio disegnato, dedicato allo sviluppo dei territori del vino piemontesi recentemente entrati a fare parte del patrimonio Unesco, quindi specificità anche per comunicare al mondo realtà eccellenti.
AFE: Vi farebbe piacere anticiparci qualcosa dell’opera che state realizzando per Art for Excellence?
Abbiamo cercato, in accordo con la famiglia Mazzetti, di sintetizzare i temi caratterizzanti l’azienda con l’utilizzo di materiali e tecniche proprie del nostro lavoro.
L’opera che presenteremo è costituita da una sfera, mondo e grembo insieme, in marmo di Carrara, di circa 30 cm di diametro con inciso sulla superficie un paesaggio di vigneti in inverno, quando il disegno del lavoro dell’uomo si staglia chiaro sul manto nevoso. L’inverno è anche la stagione in cui si lavora in distilleria.
Abbiamo appoggiato la sfera, un mondo di territori e cultura, su una larga coppa in rame lucido che vuole ricordare l’ingegno dell’alambicco.