Mabele e Nicola Ponzio: tecnica e arte
MABELE E NICOLA PONZIO: TECNICA E ARTE. | ARTFOREXCELLENCE
Competenza tecnica e approccio artistico. Possiamo usare questi termini per definire l’abbinamento tra Mabele e Nicola Ponzio.
Abbiamo intervistato su questi argomenti Carlo Bosca, responsabile commerciale di Mabele, e Nicola Ponzio stesso, ecco cosa ci hanno detto.
Art For Excellence: Qual è stato il vostro primo passo?
Carlo Bosca: Ma-Bo nasce dall’idea di mio padre, un’officina metalmeccanica, che produceva principalmente carene per macchine tipografiche. La carena è una struttura che ne contiene i meccanismi, l’involucro esterno. Con l’ingresso di mio fratello, Ma-Bo nel 2008 unisce al suo core business anche Mabele, una linea di design e al tempo stesso di architetture in metallo per arredamento, scale, interior design e outdoor.
Abbiamo quasi 50 anni di storia di evoluzione produttiva e di brand.
AFE: Cosa intendete per mission di Mabele?
CB: Negli ultimi anni, con il lancio di Mabele, la nostra missione è stata quella di creare un abito su misura per i clienti differenziandoci da quello che è lo standard di mercato. Il nostro slogan è “SARTI DEL METALLO” perché molti dei nostri prodotti non sono realizzati in serie, ma su misura, in base alle richieste della clientela.
AFE: Qual è la vostra firma?
CB: Ci siamo sempre affidati a designer e architetti dell’area piemontese che fossero in linea con la nostra filosofia e missione. Aggiungiamo sempre il logo ai nostri lavori in modo che sia messo in evidenza anche sulle strutture dei nostri clienti.
AFE: Perché Art For Excellence?
CB: La crisi del settore industriale ci ha convinto innanzitutto ad entrare nel mondo del design. Cercare nuovi canali perché l’industria non dava garanzie sufficienti. Mio fratello ha avuto l’abilità di capire in tempo che ci dovevamo trasformare. Abbiamo inizialmente realizzato alcuni oggetti, esposti al salone del libro qui a Torino – quasi per gioco – librerie e scrivanie, e abbiamo visto che la cosa piaceva. Ibridiamo legno e vetro, che rientrano in molte nostre attività. La ricerca di nuovi orizzonti ci ha spinto a sperimentare anche con il progetto Art For Excellence.
AFE: Com’è nato il tuo percorso artistico, in che modo hai mosso i tuoi primi passi?
Nicola Ponzio: Da ragazzo la mia passione per l’arte la riponevo nel disegno, avendo come punto di riferimento i maestri della grande astrazione e dell’informale. Dopo aver abbandonato gli studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, intorno alla metà degli anni ’80 ho avuto la ventura di conoscere e frequentare Lisa e Tucci Russo nella mitica galleria dell’ex Mulino Feyles a Torino, in corso Tassoni. Un incontro fondamentale per la mia formazione e per lo sviluppo del mio percorso artistico. Fu in quello spazio che esordii nel mondo dell’arte contemporanea, con l’esposizione di due mostre personali tra il 1987 e il 1989. Poi sono accadute tante cose…
AFE: La poesia è uno dei linguaggi in cui ti esprimi. Cosa rappresenta per te?
NP: La scrittura poetica è intimamente legata all’esperienza individuale, ma è anche un potente strumento di conoscenza idoneo a esplorare ogni aspetto della realtà. Negli ultimi anni, riflettendo sulla natura sperimentale del mio lavoro, volto fin dagli esordi a sondare nuovi paradigmi, ho acquisito nei confronti della poesia una diversa consapevolezza, distaccandomi da una concezione, diciamo così, tradizionale, per orientare la mia indagine verso l’area della cosiddetta scrittura di ricerca. Esempio di questa nuova fase è Scanning, un libro pubblicato nel 2014, con le fotografie di Paolo Mussat Sartor e la postfazione di Marco Giovenale. È un testo che va visto come una sorta di memorizzazione ascetica della lingua, una tassonomia virtualmente inesauribile di nomi e oggetti interconnessi in una somma di stringhe denotative che si prestano ottimamente a una lettura non lineare. In altri termini, è una scansione verbale dello spettro visibile tesa a esprimere l’interiorità della natura attraverso i parametri della luce e del colore, inteso qui come successione e alternanza di bianco e nero. Una ripartizione analitica del mondo che si combina e muta incessantemente, “come se tutti i colori possibili fossero tanti quante le configurazioni degli oggetti riconoscibili1.” In Opus Lux, la mostra inaugurata di recente da Riccardo Costantini, questo progetto legato al linguaggio credo abbia assunto integralmente la sua forma ambientale e installativa.
AFE: Sei parte di un progetto dal titolo Descrizione del mondo. Di cosa si tratta?
NP: Tutto nasce da un’idea dello scrittore Andrea Inglese e dall’artista Gianluca Codeghini, Si tratta, come riportato nel sito dedicato al progetto, “di un’installazione collettiva, ossia di un luogo in cui poter mettere in rapporto oggetti diversi portati da soggetti diversi, descrizioni-reperto portate da autori o raccoglitori di descrizioni (…). Inventare forme e costruire concetti, raccogliere fedelmente documenti e travisarne altri, muovere dalla scrittura poetica per andare altrove2.”
AFE: Come cambia l’approccio all’opera d’arte tra una creazione individuale e una collettiva?
NP: L’arte è sempre politica, dato che appartiene alla polis, cioè alla comunità che la genera e la accoglie. Considero dunque stimolante e necessario superare i confini della soggettività dell’artista, spesso isolato nella propria sfera individuale, auspicando in tal senso l’apertura di un dialogo che consenta di procedere verso nuovi orizzonti interpretativi.
AFE: Design e funzionalità, un binomio vincente per l’azienda a cui sei legato in questa esperienza. Cosa significa fruibilità per un’opera d’arte?
NP: Si tratta di attuare uno scambio, un’osmosi tra una competenza tecnica e pragmatica e un approccio teoretico e artistico, ovvero coniugare prassi e procedimenti astratti e conoscitivi al fine di ottenere un’opera in cui fruibilità, sperimentazione e ricerca si integrino in una prospettiva di più ampio respiro, senza rinunciare a una continua verifica del processo creativo.
AFE: Vuoi svelarci qualcosa dell’opera a cui stai lavorando?
NP: Ti posso dire che è un lavoro imperniato sul legame indissolubile tra svelamento e nascondimento, in altre parole è una riflessione sul perenne conflitto fra giorno e notte, sul condurre fuori nella luce e il lasciare nell’oscurità.
Riferimenti
1.Mariangela Guatteri, Il linguaggio non è veloce come la luce, recensione a Scanning / www.puntodisvista.net
2.Descrizione del mondo, installazione collettiva d’immagini suoni scritture / www.descrizionedelmondo.it