Leggeri e profondi come le bollicine

LEGGERI E PROFONDI COME LE BOLLICINE | ARTFOREXCELLENCE
Uno degli scopi dell’arte è raccontare storie.
Le storie più belle e interessanti sono quelle che si lasciano contaminare, nascono in una direzione e poi ne prendono un’altra con l’intento di arricchire chi le ascolta. Spesso chi ne scrive l’incipit conosce uno dei possibili finali ma non può prevedere come il suo racconto potrà essere interpretato e vissuto dai lettori, uditori, spettatori.
Abbiamo coinvolto Pia Bosca, proprietaria di Cantine Bosca, e la scultrice Luisa Valentini nel progetto Art For Excellence perché i racconti delle loro imprese, inteso in senso ampio, si incontrino, si lascino ispirare e contaminare.
Le domande che abbiamo fatto loro per realizzare questo post hanno fatto emergere un denominatore comune che noi abbiamo individuato nella “leggerezza”. Il capolavoro delle bollicine di Bosca, ”soavi e leggiadre di diametro finissimo che appagano sia il palato che la vista” e la caratteristica che ispira la Valentini che descrive come “sete di leggerezza che perseguo in continuazione”. Leggerezza che viene sostenuta dalla massiccia e approfondita ricerca artistica e dalla profondità delle radici nella tradizione.
Buona lettura, quindi. Immergetevi in un mondo che unisce le cattedrali sotterranee, possenti mura natali delle bollicine Bosca e patrimonio dell’UNESCO, con la delicatezza, la fluidità e l’arte di Luisa Valentini.

La dottoressa Pia Bosca nelle Cattedrali Sotterranee patrimonio dell’UNESCO
A4E: Cosa vuol dire per le cantine Bosca essere patrimonio dell’umanità?
Pia Bosca: Ci riempie d’orgoglio poter condividere proprio con tutta l’Umanità questo patrimonio che ci ha accompagnato attraverso i tempi. Tutta la nostra vita è sempre ruotata attorno a queste mura sotterranee, consapevoli della loro importanza di testimoni della nostra storia, e che nelle generazioni abbiamo in più occasioni e per diverse ragioni aperto alla collettività e condiviso con la nostra comunità. Ora l’Unesco, considerandole tra i 50 siti più belli d’Italia, ci aiuta a divulgare questo inestimabile tesoro travalicando i confini territoriali e potendo condividere con chi ne abbia voglia questa nostra grande fortuna. Questo riconoscimento significa inoltre più prestigio, significa più turismo, significa più possibilità di far conoscere la nostra tradizione, il nostro mondo, e i nostri prodotti al mondo intero.
A4E: Nelle cattedrali spesso si trovano dei capolavori, quindi, se doveste scegliere una caratteristica nella storia di Bosca, cosa incarna meglio un capolavoro?
Pia Bosca: Le bollicine! La Riserva del Nonno è il prodotto che nasce in questo luogo magico. Si tratta di uno spumante metodo classico, ancora fatto a mano seguendo gli antichi saperi. Rimane a maturare nelle Cattedrali Sotterranee per almeno 3 anni, affinandosi e portando alla creazione di migliaia di bollicine di perfezione; bollicine soavi e leggiadre di diametro finissimo che appagano sia il palato che la vista. Questo è il nostro vero capolavoro!
A4E: Cosa vi ha colpito di più del progetto Art For Excellence?
Pia Bosca: Il concetto che sta alla base di ArtForExcellence è esattamente quello di Bosca. L’arte deve accompagnarsi sempre con l’arte. E noi abbiamo la presunzione che quello che facciamo tutti i giorni, quello che succede in cantina tutti i giorni, sia arte. E da generazioni abbiamo seguito questo credo, mettendo a disposizione le cantine per qualsivoglia espressione artistica, dalla scultura alla pittura, dalla scenografia alla musica, in modo che le Cattedrali Sotterranee si sono trovate negli anni ad essere anche un’arena per l’incontro della nostra arte con quella che di volta in volta veniva celebrata tra le loro mura. E non solo: poiché abbiamo sempre ritenuto le nostre bollicine la nostra arte le abbiamo pure scambiate con altra arte, fino a creare una bella pinacoteca che annovera tra i suoi autori Paulucci, Bai, Calandri, Licata, Tabusso, Maccari, per citarne solo alcuni, con opere tutte a sfondo a noi caro: il vino, l’uva, le nostre colline.
A4E: Cosa vi ha colpito di più di Luisa Valentini?
Pia Bosca: L’unione tra oggetti molto reali, ma che alla vista stimolano profondamente l’immaginazione in una modalità fortemente romantica e poetica. Guardare per esempio i fiori così tremendamente reali ma in dimensioni cosi surreali provoca un immediato sbalzo in un mondo magico e pieno d’amore ed eleganza. Inoltre la capacità – nonostante l’utilizzo di materiali freddi e rigidi come il ferro – di rendere elementi della natura come foglie ed alberi, concreti ma assolutamente morbidi e onirici.

La scultrice Luisa Valentini accanto ad una selle sue opere
A4E: Come ha scoperto il suo modo di fare arte? Cosa l’ha mossa a intraprendere questo percorso?
Luisa Valentini: Fin da bimba ho provato un desiderio di manipolare la materia, senza fine e sicuramente senza una consapevolezza precisa di che cosa cercare e cosa costruire. Questa sensazione di insoluta ed inarrestabile ricerca ha accompagnato gli anni della mia infanzia e della mia adolescenza. Il processo creativo si è quindi innescato su un’esperienza di tipo conoscitivo e, solitamente, emotivamente forte. Necessità di disegnare in continuazione e modellare qualsiasi cosa finita tra le mie mani. Oggi, la fase progettuale consegue a stimoli di tipo culturali e consiste nel disegnare ripetutamente, spesso in varianti impercettibilmente differenti, l’oggetto dell’analisi; passo poi ad elaborare un bozzetto, che mi permette di mettere a punto e verificare un punto di vista alternativo ed un ulteriore significato, più profondo ed articolato. Si tratta di un’indagine quasi ossessiva, della quale talvolta mi domando la ragione profonda. Uno scandaglio continuo su elementi che, spesso, sono sempre sotto ai nostri occhi ma, altrettanto spesso, passano inosservati. Non riesco davvero ad immaginarmi lontana dal mio lavoro.
A4E: Che cosa la stimola di più nel creare?
Luisa Valentini: Fragile ed effimero, nel senso che tale è la vita in ogni sua manifestazione, il mio lavoro si incentra sulla vita, sul suo fluire e sulle tracce dell’ineffabile, della bellezza che inevitabilmente tende a sfiorire, esibendo in questo modo la propria valenza effimera. Ogni elemento rivela dunque la sua fragilità, proprio perché partecipe di questa vita. A questo si aggiunge la sete di leggerezza che perseguo in continuazione, tanto concettualmente, quanto formalmente, aiutata anche da un materiale, il metallo, che unisce al rilevante peso specifico una forte coesione molecolare, che le garantisce, almeno in potenza, la facoltà di muoversi nello spazio con estrema libertà. Nell’agire di uno scultore grande parte ha l’intimo colloquio con la materia, che impone al lavoro le sue leggi e, forse, anche la sua anima. Terminata la fase di progettazione, portata avanti in maniera solipsistica, si entra nel territorio della comunione, della condivisione e della comunicazione con l’altro da sé, nel caso specifico, il materiale. Si tratta quasi di una sorta di meditazione, che necessariamente comporta l’annullamento dell’io a favore di una intensa fusione con la materia, dalla quale si origina una condizione assai singolare, come se il lavoro si sviluppasse autonomamente. Il corpo è natura, e la natura possiede un’intelligenza superiore. Quando la messa a punto del progetto è tale da poter quasi asserire che questo è come ‘esperito’ dal corpo, quando sento di avere colto il movimento, la forma, l’essenza, affronto allora – attraverso lo studio e l’analisi formale – la fase di realizzazione nel rapporto con il materiale e lascio il mio corpo lavorare senza interferenze della mente. Spesso affermo che le mie mani possiedono un’intelligenza particolare, perché rispondono ad un altro sentire, ad un’altra logica. Nel ricorso ad una scala alterata, si impone allo sguardo una posizione di rispetto, un atteggiamento reverenziale. Attraversare il lavoro, entrare in uno spazio-non spazio che è quello dell’opera, determina una sorta di spaesamento, di spiazzamento, che permette una visione più ‘fresca’, non viziata dall’abitudine, forse anche ancestrale.
A4E: Per Art For Excellence interpreterà Cantine Bosca, cosa l’ha colpita del primo incontro?
Luisa Valentini: Ogni anfratto ed ogni elemento che ho incontrato nelle cantine Bosca respira cultura. Una cultura profonda che rivela come tutte le scelte relative ad ogni minimo particolare denotino una grande attenzione al significato che ogni individualità può e deve avere nell’orchestrazione collettiva di uno spartito. La tradizione del vino, la coltivazione delle vigne, la lavorazione dell’uva e la sua fermentazione corrispondono ad un tessuto di cultura profonda, verso la quale è necessario il rispetto e la consapevolezza di trasmissione.
A4E: Può anticiparci qualche suggestione di quello che pensa di realizzare?
Luisa Valentini: Mi affascina l’aspetto incolto e naturale della vigna, del fogliame nell’attimo in cui si ricompone in una forma pulita, che si staglia alta, quasi astratta ed imponente. Nella composizione, la sagoma di una rosa richiama la sua funzione di nume tutelare della vite.